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sabato 14 aprile 2012

Europa post-Fukushima. Nuovi assetti energetici



Prima del sisma e del conseguente tsunami di 16 metri che si sono abbattuti sulla centrale di Fukushima, gran parte dei paesi europei (tra cui l’Italia) aveva puntato sulla produzione di energia elettrica da fonte nucleare. Proviamo ad analizzare le conseguenze del passo indietro fatto da molti di questi paesi (Italia, Germania, Belgio) all’indomani della tragedia giapponese. Per prima cosa, questi paesi, che hanno aderito al trattato di Kyoto, si vedono privati di una fonte di energia che ha un ruolo fondamentale per il raggiungimento delle scadenze fissate in termini di percentuale di energia prodotta senza l’emissione di gas a effetto serra. In secondo luogo, lo spegnimento di numerosi reattori nel giro di poco tempo, come avvenuto, per esempio, in Germania, deve essere seguito da una produzione della stessa quantità di energia elettrica in maniera alternativa. Come? Il sistema elettrico europeo è interconnesso e, in questo momento, gran parte del deficit di produzione di energia creatosi dopo lo spegnimento di molti reattori in Europa, è stato compensato da un aumentato acquisto di energia elettrica prodotta in territorio francese. La Francia, coi suoi 58 reattori nucleari, risulta in questo momento la più grande produttrice di energia elettrica (e di certificati bianchi) per l’Europa.
Le scelte di quei paesi che hanno iniziato a ridurre la produzione interna di energia elettrica da fonte nucleare, risulta essere un falsa rinuncia alla fonte nucleare, considerando la presenza del “polmone” francese. Ecco perché la scelta dello scenario energetico europeo post-Fukushima è un tema più delicato di quello che scelte “comode” di alcuni paesi europei fanno sembrare. Cosa succederebbe, in questo momento, se la Francia intraprendesse la stessa scelta di Germania e Belgio?   

Europa post-Fukushima. Nuovi assetti energetici

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